IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 112/1992
 proposto  da  Di  Girolamo  Tommaso,  rappresentato  e  difeso  dagli
 avvocati  Feliciano  Serrao,  Alberto  Castagna  e  Ferdinando  Musco
 Castagna, presso lo studio del secondo elettivamente  domiciliato  in
 Catanzaro,  via Raffaelli, 26, contro la regione Calabria, in persona
 del  presidente  pro-tempore,  rappresentato  e difeso dagli avvocati
 Raffaele Mirigliani e Umberto D'Ippolito e nei confronti di  Petrillo
 Mario,  Giummo  Antonio,  Martirano  Francesco,  Piluso  Vincenzo, De
 Franco Nazareno, Carbone  Giuseppe,  Pace  Antonino,  Faillace  Italo
 Enzo,  Musolino  Annunziato,  Dorsa  Federico, Mandelli Mario, Pagano
 Domenicantonio, Russo Carlo,  Scarnajanchi  Michele,  Sarullo  Luigi,
 Paternoster Luigi, Garofalo Silvana, Condoleo Nicola (rappresentato e
 difeso  dall'avv.  Vincenzo  Azzariti  Bova),  Mazzeo  Mario, Panuzzo
 Domenico, Donato Gennaro, Oliveti Angiolina per l'annullamento  degli
 atti  della  commissione  di  cui  all'art.  5 della l.r. n. 55/1990,
 nominata  con  d.p.g.r.  n.  39/1991  per   la   formulazione   delle
 graduatorie  delle  selezioni  per  l'accesso  alla seconda qualifica
 dirigenziale,  limitatamente  alla  selezione  E   (attivita'   agro-
 forestali)  e  della  delibera di g.r. n. 4319 del 5 agosto 1991, con
 cui sono stati approvati gli atti della commissione e la  graduatoria
 (sempre  limitatamente  alla selezione E), approvazione comunicate al
 ricorrente il 15 ottobre 1991;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 resistente e del controinteressato Condoleo;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore alla pubblica udienza  del  20  novembre  1992  il  dott.
 Roberto   Politi  e  uditi,  altresi',  l'avv.  A.  Castagna  per  il
 ricorrente, l'avv. R. Mirigliani per la regione Calabria;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Espone il ricorrente di aver preso parte alla selezione per  posti
 di seconda qualifica dirigenziale (settore attivita' agro-forestali),
 riportando nella conclusiva graduatoria p. 64,50, con collocazione al
 ventiduesimo posto.
    Deduce   avverso   gli  atti  indicati  in  epigrafe  la  presente
 impugnativa,  in  primo  luogo   dolendosi,   quanto   all'attribuito
 punteggio   per  titoli  (p.  44,50),  della  mancata  considerazione
 riservata  alle  pubblicazioni  riguardanti  le  sue  funzioni,  pure
 debitamente  indicate  nella  domanda  di  partecipazione al concorso
 (configurandosi la relativa  omissione  quale  vizio  di  eccesso  di
 potere e di violazione dell'art. 45 della l.r. n. 34/1984).
    Quanto  alla  valutazione  attitudinale  -  per  la  quale pure si
 denuncia sia violazione di legge, che eccesso di potere e  disparita'
 di trattamento - si rammenta l'attribuzione di un punteggio di 20/30,
 mentre  altri  candidati  (per  i  quali  ricorrerebbe il presupposto
 dell'omogenea  adibizione   ad   ufficio   di   Ispettorato   agrario
 provinciale, e non anche all'assessorato agricoltura, presso il quale
 il  ricorrente  e' stato pure addetto) hanno ricevuto un punteggio di
 25/30 (per  identica  fattispecie,  in  un  altro  caso,  addirittura
 30/30).
    La  commissione  sarebbe  altresi' incorsa nel vizio di violazione
 dell'art. 3, n. 3, e dell'art. 4 della l.r.  n.  55/1990,  in  quanto
 l'omessa  valutazione  dell'attivita' dal Di Girolamo prestata presso
 l'assessorato regionale  all'agricoltura  (quale  capo  servizio  del
 sett.   5)   confliggerebbe   con   i   criteri  da  questa  fissati,
 relativamente alla considerazione (verb. n. 1 del 2 marzo  1991)  che
 si   sarebbe   dovuto   prestare   alle  strutture  organizzative  di
 preposizione dei candidati ed alla natura e durata delle funzioni.
    Nel sottolineare altre ipotesi di disparita' di trattamento  rela-
 tive  alla valutazione riservata ai corsi di perfezionamento da altri
 candidati  frequentati,   conclude   il   ricorrente   instando   per
 l'accoglimento  dell'impugnativa,  con conseguente annullamento degli
 atti censurati.
    Si costituiscono in giudizio il controinteressato Condoleo  Nicola
 e     la     resistente    amministrazione    regionale,    deducendo
 l'inammissibilita'  e,  comunque,  l'infondatezza  nel   merito   del
 proposto ricorso, che viene ritenuto per la decisione all'udienza del
 20 novembre 1992.
                             D I R I T T O
    Osserva il collegio come l'esame nel merito delle doglianze formu-
 late con il presente gravame appaia, allo stato, precluso per effetto
 delle  emerse  perplessita' in ordine alla conformita' costituzionale
 della normativa regionale che fissa i  criteri  per  la  composizione
 della  commissione  incaricata  di  formare  le  graduatorie  per  la
 elezione del personale aspirante all'accesso alla  seconda  qualifica
 dirigenziale (trattasi, come infra sara' dettagliatamente illustrato,
 dell'art. 5 della l.r. 5 maggio 1990, n. 55).
    Si  rammenta, al riguardo, come la questione di legittimita' possa
 essere dal giudice remittente sottoposta all'attenzione  della  Corte
 costituzionale  anche d'ufficio, in relazione al disposto di cui agli
 artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Per   quanto   concerne  il  rilievo  assunto  dalla  verifica  di
 conformita' costituzionale della disposizione sopra richiamata, anche
 in assenza di deduzione da parte del ricorrente,  va  osservato  come
 l'impugnata  deliberazione n. 4319/1991 (cosi' come i contestati atti
 procedimentali  posti  in  essere  dalla  commissione  incaricata  di
 selezionare   il  personale  per  l'accesso  alla  seconda  qualifica
 dirigenziale) presuppongano, sotto il  profilo  logico-giuridico,  la
 preliminare  indagine circa la legittimita' della normativa che detta
 i criteri di composizione della commissione stessa.
    Tale disamina, infatti, costituisce indefettibile premessa per  la
 complessiva   verifica   di   legittimita'  sull'operato  dell'organo
 procedente: laddove un rilevabile vizio (ancor piu' ove  trattasi  di
 sospetta  incostituzionalita') riguardante la formazione del medesimo
 non potrebbe non riverberare  conseguenze  caducanti  -  e  non  gia'
 meramente  inficianti  - sul complesso dell'attivita' da questo posta
 in essere, nonche' sulle deliberazioni di relativo recepimento.
    Tale ipotizzabile conseguenza rende pertanto evidente  la  ragione
 del  ricorso  al  potere  di  emissione  che questo tribunale intende
 esercitare d'ufficio, avuto riguardo all'esigenza di previa  verifica
 da   parte  della  Corte  costituzionale  in  ordine  alla  normativa
 regionale applicabile: non  essendo  ovviamente  configurabile  alcun
 sospetto  di  ultrapetizione (erroneamente argomentabile in base alla
 mancanza di censure dal ricorrente dedotte in materia), che invece e'
 chiaramente contraddetto (ed  anzi,  escluso)  del  rilevato  stretto
 nesso  di  conseguenzialita'  giuridica che connette la nomina di una
 commissione  giudicatrice  (e,  con  essa,  le  disposizioni  che  la
 prevedono  e disciplinano) con gli atti da questa di seguito posti in
 essere.
    Quanto  alla  rilevanza  della  presente questione di legittimita'
 costituzionale, alle argomentazioni sopra svolte  appare  sufficiente
 aggiungere  l'osservazione che la presente impugnativa, pur deducendo
 censure  che  concernono  il  merito  valutario   dalla   commissione
 esercitato   nel  determinare  la  collocazione  in  graduatoria  del
 ricorrente, pur sempre ha di mira l'annullamento degli atti da questa
 posti in essere, nonche' della  deliberazione  regionale  che  ne  ha
 realizzato  il  recepimento  (determinando  la  nomina a dirigente di
 seconda qualifica dei candidati utilmente graduatisi, fra i quali non
 e' ricompreso il ricorrente Di Girolamo: delib. g.r. n.  4319  del  5
 agosto 1991).
    Ora,  appare di immediata comprensione come un'eventuale decisione
 della Corte costituzionale  che  dichiarasse  l'illegittimita'  delle
 disposizioni  che  individuano  i  criteri  per la composizione della
 commissione   determinerebbe,   in   via   derivata,   l'annullamento
 dell'intero  iter  procedimentale  dalla  commissione stessa posto in
 essere onde pervenire, di seguito alla  valutazione  delle  posizioni
 dei  singoli  candidati, alla formazione delle conclusive graduatorie
 che  hanno  poi  costituito  il  fondamento  per  le   determinazioni
 regionali di nomina (dei soggetti utilmente in esse collocatisi) e di
 successiva assegnazione e preposizione ad unita' operative.
    Tale  effetto  e',  a  ben  vedere,  del  tutto  omogeneo  con  le
 conseguenze - di contenuto chiaramente caducatorio - che il  presente
 ricorso   ha  inteso  promuovere:  per  l'effetto  configurandosi  di
 immediata evidenza la rilevanza di una  questione  che,  appunto  ove
 accolta   dalla  Corte  costituzionale,  provocherebbe  la  descritta
 invalidazione  degli  atti  amministrativi   oggetto   del   presente
 giudizio.
    2.  -  Quanto al profilo riguardante la non manifesta infondatezza
 della questione - il cui positivo riscontro consente di sottoporre al
 vaglio della Corte la  legittimita'  costituzionale  della  normativa
 applicabile  alla  controversia  in  esame - occorre procedere ad una
 succinta ricostruzione delle pertinenti disposizioni.
    2.1. - Ai fini della copertura dei posti della  seconda  qualifica
 dirigenziale  la  l.r.  22  novembre  1984,  n.  34,  ha disciplinato
 puntuali modalita' di svolgimento delle selezioni, indicando altresi'
 i criteri per  l'attribuzione  del  punteggio  per  i  titoli  e  per
 l'esame-colloquio  (art.  45)  e  la  composizione  della commissione
 incaricata di formare le graduatorie per ogni settore o posizione  di
 ricerca (art. 46).
    Tale   ultima   disposizione,   in   particolare,   prevedeva   il
 conferimento della presidenza al presidente della  giunta  regionale,
 nonche' la nomina, in qualita' di membri componenti, di:
      due  professori  universitari  ordinari  di materie attinenti ai
 posti oggetto di selezione designati dai  rettori  delle  universita'
 calabresi;
      due  magistrati  amministrativi,  designati  al  presidente  del
 t.a.r. della Calabria;
      un  rappresentante  sindacale,  destinato  congiuntamente  dalle
 organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
    L'art. 46 predetto e' stato successivamente sostituito dall'art. 5
 della  l.r.  5  maggio 1990, n. 55, che ha modificato la composizione
 della  commissione  -  fermi  restando  il  membro  di   designazione
 sindacale  ed  il  presidente della giunta regionale - sostituendo ai
 docenti universitari ed ai magistrati amministrativi:
      l'assessore regionale al personale;
      due  consiglieri  regionali,  di cui uno in rappresentanza della
 minoranza (nominati, cosi' come i due consiglieri regionali aventi la
 veste  di  componenti  supplenti,  su  designazione  dell'ufficio  di
 presidenza   del  consiglio  regionale,  sentita  la  conferenza  del
 presidente dei gruppi consiliari).
    Appare  quindi  essersi  delineata  -  attraverso   la   descritta
 evoluzione  normativa che ha condotto dall'originario testo dell'art.
 46 della l.r. n. 34/1984 alle modifiche introdotte ex  art.  5  della
 l.r.  n. 55/1990 - la transizione da un modello di composizione della
 commissione volto a contemplare la presenza (peraltro  maggioritaria)
 di  specifiche  competenze  e  conoscenze "tecniche" verso previsioni
 che, al contrario, risultano precipuamente intese a garantire la sola
 presenza "politica", realizzata attraverso la previa composizione  di
 interessi  "istituzionalizzata"  dal  raggiungimento  di  accordi  ed
 equilibri fra i gruppi consiliari.
    Osserva al riguardo  il  tribunale  remittente  come  il  disposto
 dell'art.  5  in  discorso  -  che ha trovato applicazione in sede di
 formazione della commissione incaricata di procedere  alle  selezioni
 per  l'accesso  alla  seconda  qualifica  dirigenziale,  nominata con
 d.P.R. g.r. 39 del 14 febbraio 1991, su conforme deliberazione  della
 giunta regionale n. 5271 del 29 ottobre 1990 - si ponga in diretto ed
 evidente  contrasto  con  l'orientamento recentemente elaborato dalla
 Corte costituzionale in relazione ad analoga fattispecie.
    2.2.  -  Si  ha  riguardo,  in  particolare,  alla   sentenza   29
 settembre-15  ottobre  1990, n. 453, con la quale e' stata dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale di talune  disposizioni  della  legge
 regionale  siciliana  2  dicembre  1980,  n.  125, nella parte in cui
 questa non  aveva  previsto  che  la  maggioranza  dei  membri  delle
 commissioni  giudicatrici  dei  concorsi  pubblici  per i comuni e le
 province dovesse essere  formata  da  esperti  dotati  di  specifiche
 competenze tecniche rispetto alle prove previste dal concorso.
    Tale  pronunzia - le cui motivazioni saranno infra analizzate - si
 inserisce in un cospicuo filone interpretativo che gia' in precedenza
 (sentenza n. 81/1983) aveva fissato, sia pur  nel  riconoscimento  al
 legislatore  di un'ampia discrezionalita' nello scegliere i sistemi e
 le procedure per la costituzione del rapporto di pubblico  impiego  e
 per  la  progressione  in  carriera, il limite derivante dall'art. 97
 della Costituzione, dal quale discende la  necessita'  che  le  norme
 siano  tali  da  garantire  il buon andamento della p.a. (assicurando
 cioe'  che  i  soggetti  dimostrino  convenientemente  la   rivestita
 attitudine  a  svolgere  le  funzioni  che  vengono  loro  affidate e
 richiedendosi, per la progressione verso piu' elevate posizioni,  una
 valutazione   congrua   e   razionale  dell'attivita'  pregressa  del
 dipendente, onde trarne utili elementi per ritenere  che  egli  possa
 svolgere anche funzioni superiori).
    Nel   rinvenire   l'ulteriore  affermazione  circa  la  funzionale
 preordinazione del pubblico concorso ad assicurare l'efficienza della
 selezione (sentenza n. 161/1990), e' dato altresi' riscontrare  reit-
 erate  occasioni  di  accentuazione  del  principio di imparzialita',
 unitamente a quello  di  buon  andamento  (sentenze  nn.  217/1987  e
 964/1988), con ricorrente richiamo all'esigenza di correlazione fra i
 relativi  postulati  costituzionali  e  le modalita' di selezione del
 personale.
    Con la pronunzia piu' recente (n.  453/1990)  la  Corte,  ribadito
 come   l'art.   97,   primo   comma,   della  Costituzione  individui
 nell'imparzialita'dell'amministrazione uno  dei  principi  essenziali
 cui  deve  informarsi, in tutte le sue articolazioni, l'articolazione
 dei pubblici uffici, ha affermato come  anche  il  pubblico  concorso
 (che costituisce mezzo ordinario di accesso, ex art. 97, terzo comma)
 debba  ispirarsi, nelle sue modalita' organizzative e procedimentali,
 al rispetto rigoroso del suddetto principio di imparzialita'.
    Il riflesso di tale enunciazione di principio sul  problema  della
 composizione  delle  commissioni  giudicatrici  e'  stato dalla Corte
 ritenuto comportare che  "il  carattere  esclusivamente  tecnico  del
 giudizio  debba risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione
 verso interessi di parte o comunque  diversi  da  quelli  propri  del
 concorso, il cui obiettivo non puo' essere altro che la selezione dei
 candidati  migliori.  Tale  esigenza  impone  che, nella composizione
 delle commissioni, la presenza di  tecnici  o  esperti  -  interni  o
 esterni  all'amministrazione,  ma  in  ogni  caso  dotati di adeguati
 titoli di studio o professionali rispetto  alle  materie  oggetto  di
 prova  - debba essere, se non esclusiva, quanto meno prevalente, tale
 da garantire scelte finali  fondate  sull'applicazione  di  parametri
 neutrali  e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e
 della preparazione dei candidati".
    2.3.  -  Se  dunque  la  Corte  ha  giudicato   costituzionalmente
 inconferente  una disciplina di selezione dei pubblici dipendenti che
 traduca modalita'  di  scelta  fondate  su  criteri  politici  e  non
 meritocratici  (o  di  stretta  valutazione  di  professionalita'  ed
 idoneita' attitudinale), con ogni evidenza la posizione  assunta  dal
 giudice  delle leggi si pone come qualificato momento di emersione di
 una piu' ampia teorizzazione dell'esigenza di separazione tra  potere
 esecutivo  ed  apparato  politico:  in un quadro di riferimento - non
 sterilmente dogmatico, come la cronaca  purtroppo  insegna  -  i  cui
 parametri costituzionali sono rappresentati non solo dall'art. 97, ma
 anche  (e  soprattutto)  dall'art.  98,  alla  luce del quale viene a
 rilevarsi l'inconciliabilita' di fondo fra le  regioni  di  affinita'
 e/o  contiguita' politica ed il principio in base al quale i pubblici
 dipendenti devono essere al servizio esclusivo della Nazione.
    Se il carattere di non "neutralita'" dell'azione amministrativa  -
 che  puo'  costituire  una delle probabili ricadute della mancanza di
 oggettivita' ed imparzialita' nello svolgimento delle  selezioni  per
 l'accesso  ai  pubblici  uffici  o  per  l'avanzamento a piu' elevate
 posizioni di responsabilita' - puo' rispondere all'intento di pratica
 effrazione degli ambiti riservati  all'azione  amministrativa,  (onde
 assoggettarli  alle  ingerenze  ed interferenze di matrice politica),
 ben  si  comprende  il  rilievo  rappresentato,  a  contrario,  dalla
 precisazione  di  un  chiaro orientamento che fin nella fase genetica
 del rapporto (o di ingresso  ad  ulteriori  livelli)  salvaguardi  la
 vocazione  essenzialmente meritocratica della selezione da operazioni
 svolte all'essenziale valorizzazione di interessi di parte.
    Puo' al riguardo sintetizzarsi l'orientamento espresso dalla Corte
 nella  stabilita  biunivocita'   fra   neutralita'   della   pubblica
 amministrazione  e  garanzia  fornita, quanto alla composizione delle
 commissioni,  da  una  presenza  "se  non  esclusiva,   quanto   meno
 prevalente" di tecnici ed esperti.
    2.3.1.  - Se, quindi, il principio di imparzialita' ispira (anche)
 la disciplina  delle  modalita'  organizzative  e  procedurali  delle
 tecniche  concorsuali  (riflettendosi,  pertanto,  nella composizione
 delle commissioni giudicatrici),  non  appare  peraltro  univocamente
 argomentabile  che  sia  assolutamente  preclusa una formazione delle
 stesse rimessa ad  una  scelta  operata  dall'organo  rappresentativo
 dell'ente  (in  quanto  il  "tecnico"  non  perderebbe certo tale sua
 qualita', ove designato in seno ad  un  organismo  di  rappresentanza
 politica):  piuttosto  dovendo  ritenersi inficiata, sotto il profilo
 dell'inosservanza  del  principio  costituzionale  di  imparzialita',
 quella  composizione che contempli una maggioranza di non "esperti" o
 che, come nella fattispecie all'esame di questo collegio, si presenti
 di esclusiva  estrazione  politica,  laddove  la  scelta  dei  membri
 risulta  fondata  su  criteri  di  affidabilita'  ed  appartenenza di
 schieramento,  estranei  all'esigenza  espressa   dal   primo   comma
 dell'art. 97 della Costituzione.
    2.3.2.  -  Va  peraltro  osservato  come  anche  il  sistema della
 designazione da parte degli organi politico -  rappresentativi  possa
 recare  in  se'  -  quando  pure  rivolto  alla nomina di "esperti" -
 potenzialita' degenerative; il pericolo della possibile  interferenza
 tra interessi di parte ed oggettiva valutazione concorsuale, infatti,
 potrebbe  non  essere  a  sufficienza  scongiurato  dalla  necessaria
 qualificazione tecnica o  professionale  dei  commissari,  in  quanto
 elemento  inficiante  l'imparzialita'  del  giudizio  potrebbe sempre
 annidarsi nei meccanismi  di  funzionamento  (e  di  identificazione,
 quando  non  anche  di  appartenenza)  della designazione da parte di
 organi rappresentativi la quale con ogni evidenza puo' conseguire  al
 concreto  atteggiarsi  dei rapporti fra schieramenti politici ed alla
 connessa composizione di  interessi  (evidentemente  di  parte),  con
 ricadute in termini di spartizione e/o "lottizzazione".
   2.4.  - Se, quindi, radicalizzando le posizioni sopra sintetizzate,
 potrebbe  concludersi  che  unico  elemento   idoneo   a   consentire
 l'imparziale   composizione   delle   commissioni   di  concorso  sia
 rappresentato dall'affidamento della nomina (di  una  maggioranza  di
 membri  tecnici)  a  soggetti esterni all'amministrazione interessata
 (che e' poi lo schema seguito  dall'originario  art.  46  della  l.r.
 34/1984:  cfr. supra, sub 2.1.), la fattispecie all'esame consente di
 prescindere da una scelta di  campo  siffatta,  recando  elementi  di
 controversa   legittimita'   costituzionale   sia  sotto  il  profilo
 soggettivo (delle qualita' tecnico-professionali dei componenti), sia
 per quanto concerne le modalita' di designazione.
    2.4.1. - Nel richiamo a quanto rammentato sub 2.1, e'  infatti  di
 inequivoca  evidenza  la circostanza che il legislatore regionale del
 1990 non si sia minimamente preoccupato di assicurare alcuna presenza
 non politica in seno alla commissione de qua:  piuttosto  volgendo  i
 propri  sforzi  all'individuazione  di  modalita'  di designazione (e
 della sede competente, rinvenibile  nella  conferenza  dei  capi  dei
 gruppi consiliari) che appaiono rappresentare al meglio quell'intento
 di  imposizione  della  esclusiva  presenza  politica  (eventualmente
 risultante dalla  composizione  degli  interessi  della  maggioranza,
 "temperata"  da  qualche concessione alla opposizione consiliare) che
 legittimamente puo' collocarsi  in  netta  antitesi  con  la  lettera
 dell'art. 97 fornita dalla Corte (ed in precedenza illustrata).
    Tale  affermazione  non  vuole  certo,  ingenuamente,  porsi quale
 somministrazione di un giudizio di  aprioristica  "incompetenza"  nei
 confronti    dei    rappresentanti   consiliari   (o   sindacali)   e
 dell'assessore che l'art. 5 della legge n. 55/1990 chiama a  comporre
 la  commissione  di  cui trattasi:   piuttosto dovendosi censurare la
 circostanza che tali soggetti non vengano certo  individuati  per  le
 loro  qualita'  culturali  e/o professionali, quanto per la loro mera
 posizione di appartenenza politica o per il  loro  inserimento  nella
 struttura politico-amministrativa dell'ente.
    E  che  invece  il  giudizio  per l'accesso alla seconda qualifica
 dirigenziale necessiti di specifiche e qualificate  cognizioni  (piu'
 che   di  meri  stati  di  omologazione  partitica  o  sindacale)  e'
 adeguatamente rappresentata  dalla  stessa  tipologia  di  selezioni,
 avuto  riguardo  al raggruppamento dei settori e posizioni di ricerca
 operata con delib.  g.r.  n.  3379  del  12  luglio  1990  (attivita'
 giuridico-amministrative;    attivita'    economico-finanziarie,   di
 contabilita'  e   programmazione;   attivita'   tecniche;   attivita'
 sanitarie;  attivita' agro-forestali): con riveniente esigenza di una
 congrua presenza di professionalita' e capacita'  tecnico-conoscitive
 che  ben  avrebbero  potuto  assicurare  non  solo  l'oggettivita'  e
 neutralita' del giudizio, bensi' anche la consapevole  ed  illuminata
 espressione di una ponderata valutazione circa le reali potenzialita'
 culturali ed attitudinali degli aspiranti.
    2.4.2.  -  Quanto all'organo chiamato ad operare la designazione -
 ufficio di presidenza del consiglio regionale, per quanto riguarda  i
 consiglieri,  membri  effettivi e supplenti - va rilevata la presenza
 di un ulteriore profilo di discutibile promiscuita' nei rapporti  fra
 i poteri.
    Far  assumere  infatti  all'organo  di rappresentanza politica (il
 consiglio  regionale,  cui  compete   l'elaborazione   dell'indirizzo
 politico generale) la responsabilita' di atti di concreta gestione ed
 esecuzione  amministrativa  (che  invece  sembrano  piu' propriamente
 sussumibili  nel  plesso  di  attribuzioni   della   giunta)   appare
 introdurre elementi di indesiderabile confusione nella dialettica fra
 poteri rimessi ai diversi organi, accentuando peraltro la funzione di
 controllo  politico  sull'amministrazione  attiva,  in  un  quadro di
 ulteriore marginalizzazione del principio  di  imparzialita'  e,  con
 esso, del relativo disposto costituzionale.
    2.5.  -  Ne'  puo' ritenersi che l'enunciazione dei principi sopra
 diffusamente  richiamati,  di  cui  alla  sentenza  n.  453/1990   si
 configurabile  nel solo angusto ambito della legislazione siciliana o
 delle   selezioni   concorsuali   per   l'accesso    alla    pubblica
 amministrazione  nei  ruoli  comunali  e  provinciali:  al  contrario
 dovendo assumersi come la questione della  neutralita'  politica  del
 potere amministrativo, valutata in uno dei suoi piu' delicati momenti
 (quale  appunto  quello  della  selezione  per  l'accesso ai pubblici
 uffici o per l'avanzamento  ad  elevate  posizioni  funzionali),  non
 possa essere suscettibile di generalizzata tutelabilita'.
    2.5.1.  -  Al riguardo, puo' rilevarsi come del tutto inconferente
 si dimostri  l'osservazione  che,  nella  fattispecie,  la  selezione
 concorsuale  fosse  riservata  ad un ambito ristretto di destinatari,
 identificabili nei soggetti aventi i requisiti per il passaggio  alla
 seconda qualifica dirigenziale dei ruoli regionali.
    Anche  ove si tratti di concorso "interno" o "riservato", infatti,
 viene comunque in considerazione l'esigenza che l'attivita' cui viene
 funzionalizzata la relativa procedura non si risolva mai in un ambito
 (neppur latamente) politico, piuttosto  dovendosi  atteggiare  in  un
 significato   strettamente   tecnico:  cio'  in  quanto  il  giudizio
 concorsuale non coinvolge (alla luce dei principi ex artt.  97  e  98
 della   Costituzione)   valutazioni  discrezionali  interferenti  con
 l'indirizzo  politico,  ne'  presuppone  altresi'   comparazioni   di
 interessi, di carattere rappresentativo o privato.
    I  giudizi  concorsuali  -  per  i  quali va ribadita la rigidita'
 dell'assunto  di  uno  svolgimento  oggettivo   e   neutrale,   quale
 esclusivamente  inteso  a rilevare le capacita' e la preparazione del
 candidato - non implicano peraltro valutazioni relative al quadro  di
 obiettivi  dell'amministrazione,  intesi  quali elementi di emersione
 dell'indirizzo  politico  amministrativo:  ben   comprendendosi,   al
 riguardo,  come  non sia direttamente l'amministrazione a scegliere i
 funzionari  pubblici,  dovendosi  invece  avvalere   di   un'apposita
 commissione  (che,  quantunque  destinata a riversare i risultati del
 suo lavoro in una sfera di diretta pertinenza  dell'ente  precedente,
 comunque  pur  sempre  rappresenta una forma, ancorche' attenuata, di
 "terzieta'" rispetto alla  struttura  che  ha  indetto  la  procedura
 concorsuale).
    Se e' quindi vero che il pubblico concorso - ancorche' limitato, o
 riservato, a particolari categorie di destinatari aventi requisiti di
 carattere   professionale   o  culturale  -  deve  appunto  prevedere
 meccanismi  di  oggettiva   valutazione   atti   a   scongiurare   le
 potenzialita'        pregiudizievoli        per       l'imparzialita'
 dell'amministrazione  invece  insite   nella   scelta   diretta   dei
 funzionari,  collegata  alle  manifestazioni dell'indirizzo politico-
 amministrativo (si' da rendere eloquente il  prevalere  del  rapporto
 fiduciario  con  i  vertici  del relativo potere), tale regola appare
 suscettibile di peculiare attuazione nella materia che qui interessa.
    2.5.2.  -  Proprio  in  relazione  a  selezioni  che  si  svolgano
 all'interno  dell'organizzazione  amministrativa  -  come  appunto il
 concorso per l'accesso  alla  seconda  qualifica  dirigenziale  -  il
 rischio  di muoversi in una logica di pura cooptazione appare, se non
 ex ante scongiurabile, almeno tendenzialmente contenibile  ove  venga
 opportunamente  elisa  la  possibilita' di un giudizio svolgentisi in
 una "camera di compensazione"  degli  interessi  politici,  al  quale
 conseguirebbe la pratica marginalizzazione di ogni oggettiva e neutra
 valutazione  di  quelle  capacita'  il  cui riscontro dovrebbe invece
 costituire presupposto indefettibile per il passaggio verso  il  piu'
 elevato livello della dirigenza regionale.
    Se,  come pure e' stato rilevato in sede di analisi alla pronuncia
 della Corte, il rispetto del principio  di  imparzialita'  non  possa
 ammettere  alcun  collegamento fra membri di commissione ed interessi
 di  parte  (si  da  indurre  il   rilievo   sintomatico   della   non
 imparzialita', in relazione ad un collegio prevalentemente formato da
 "politici"  selezionati  sulla  base  di  criteri  di contiguita' e/o
 diretta appartenenza a questo a quello schieramento), sono senz'altro
 le    selezioni    svolgentisi    all'interno     dell'organizzazione
 amministrativa   a   rivestire,   in   un   giudizio  necessariamente
 prognostico, quelle piu' pericolose potenzialita' di  deviazione  dal
 perseguimento  del pubblico interesse che una composizione totalmente
 politica  sembra  appalesare  nel segno della contiguita' di rapporto
 fra attivita' amministrativa e rappresentanza politico-istituzionale.
    3. - Che gli elementi di ricaduta  di  una  siffatta  metodica  di
 gestione  della  cosa  pubblica secondo criteri di mera "occupazione"
 (eventualmente previa "spartizione") dei  gangli  dirigenziali  della
 struttura  organizzativa  regionale possano ritenersi compatibili con
 una  convinta  e  non  retorica   affermazione   del   contenuto   di
 imparzialita'  (e  buon  andamento)  che  deve presidiare l'agire dei
 pubblici poteri, e' cosa della  quale  sia  consentito  al  tribunale
 remittente  dubitare:  conseguentemente  determinando  la  rimessione
 d'ufficio alla Corte costituzionale della questione  di  legittimita'
 dell'art.  5  della  l.r. 5 maggio 1990, n. 55, per contrasto con gli
 artt. 97, primo comma, e 98 della Costituzione.